Palazzo Ghisilardi Fava – L’enigma della Pietra di Bologna
Palazzo Ghisilardi-Fava è uno degli esempi più illustri di palazzo rinascimentale bolognese, un edificio realizzato tra il 1484 e il 1491. Il palazzo, che attualmente ospita il Museo Civico Medievale di Bologna, custodisce al suo interno un oggetto davvero misterioso: la cosiddetta Pietra di Bologna.
La Pietra, ubicata dentro il Lapidario, è un’iscrizione latina per Aelia Laelia Crispis, risalente probabilmente al XVI secolo, e conosciuta anche come “enigma di Aelia Laelia Crispis”. È incisa su una pietra rettangolare, e sembra che si tratti di una falsa iscrizione funeraria dedicata da un uomo che si nascose dietro allo pseudonimo di Lucius Agatho Priscius a una misteriosa donna chiamata appunto Aelia Laelia Crispis.
Le origini di questa pietra sono piuttosto dubbie. Fu notata per la prima volta presso il complesso di Santa Maria di Casaralta, eretto nel XIII secolo quale priorato dell’ordine dei frati Gaudenti. Successivamente, il testo sulla sua superficie (ormai illeggibile) venne copiato su una nuova lastra di marmo rosso. Questa copia è la “Pietra di Bologna” oggi visibile.
Ma cosa indica il testo? L’iscrizione di Aelia Laelia Crispis ha sempre suscitato grande interesse, specie in ambito alchemico. Secondo alcune teorie, nell’epigrafe, creata dai frati Gaudenti, che per alcuni storici sarebbero stati gli esponenti di una setta esoterica, vi sarebbero infatti indicati i passaggi alchemici per mezzo dei quali sarebbe possibile ricreare in laboratorio la Pietra filosofale, in grado di donare la vita eterna e di trasformare il piombo in oro. Quel che è certo è che ad oggi nessuno è ancora riuscito a rivolvere l’enigma di Aelia Laelia Crispis.
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